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La villa Massone già D’Amico si inserisce nel ricco panorama delle residenze patrizie sorte a Sestri Levante a partire dalla seconda metà del XVII secolo, e nate dall’esigenza del patriziato genovese di avere dimore fuori città nella quali riposarsi e dedicarsi all’otium.

Questo fenomeno, già molto esteso a Genova, vide in Sestri Levante, data la sua favorevole conformazione geografica, una congeniale continuazione che qui si arricchisce di ulteriore significato. La vocazione agricola dell’intero territorio sestrese, infatti, permise che queste dimore divenissero il centro di vere e proprie aziende agricole.​

La villa Massone già d’Amico (come si può vedere dalla cartina) era infatti inserita in una proprietà molto più estesa di quella poi acquistata da Padre Mauri e che comprendeva, oltre a giardini e terreni coltivati; case coloniche, una cappella privata, un ninfeo e una fontana.​ Del ninfeo rimane un rudere mal custodito sito in via Privata Liguria mentre la fontana è ancora presente nel giardino davanti alla facciata del palazzo padronale, cuore appunto dell’intera proprietà.​
Attraverso le fonti bibliografiche ed archivistiche analizzate si è riusciti a ricostruire la storia della villa dall’epoca della sua costruzione, avvenuta nella seconda metà del XVII secolo, fino al 27 novembre del 1921, giorno in cui padre Enrico Mauri l’acquistò da Amelia Angelica Massone del fu Leopoldo Alerame Massone.

La famiglia Massone è un’antica famiglia patrizia di origine genovese ascritta all’albergo Giustiniani e fu proprietaria della villa a partire dalla seconda metà del ‘700 ma colui che ne edificò il primo nucleo un secolo prima, alla metà del ‘600, fu Nicolò D’Amico, rappresentante di un’altra famiglia nobiliare genovese ascritta all’albergo Calvi. ​

Del ninfeo rimane un rudere mal custodito sito in via Privata Liguria mentre la fontana è ancora presente nel giardino davanti alla facciata del palazzo padronale, cuore appunto dell’intera proprietà.​

Attraverso le fonti bibliografiche ed archivistiche analizzate si è riusciti a ricostruire la storia della villa dall’epoca della sua costruzione, avvenuta nella seconda metà del XVII secolo, fino al 27 novembre del 1921, giorno in cui padre Enrico Mauri l’acquistò da Amelia Angelica Massone del fu Leopoldo Alerame Massone.

La famiglia Massone è un’antica famiglia patrizia di origine genovese ascritta all’albergo Giustiniani e fu proprietaria della villa a partire dalla seconda metà del ‘700 ma colui che ne edificò il primo nucleo un secolo prima, alla metà del ‘600, fu Nicolò D’Amico, rappresentante di un’altra famiglia nobiliare genovese ascritta all’albergo Calvi. ​

A confermare l’origine seicentesca della villa concorre il suo impianto architettonico. Questo si rifà al modello che l’architetto Galeazzo Alessi inaugurò nel cinquecento e che fu poi reiterato per tutto il seicento. Il modello alessiano, infatti, prevedeva la villa concepita come un unico blocco cubico terminante con tetto piramidale e dotato di facciata tripartita.​


All’interno era prevista una corte, o come in questo caso, un atrio centrale dal quale si accedeva a vari ambienti e allo scalone che conduceva ai piani nobili. Tranne che per la presenza del tetto piramidale, almeno nella forma che ci è giunta oggi, l’impianto della villa rispecchia quello alessiano. La facciata sembra invece, per l’evidente bugnato, contrapposto alla tipica facciata dipinta ligure, riconducibile ad un rifacimento ottocentesco.​

Una particolarità della villa è quella di essere attraversata dalla Via Antica Romana, un tratto della quale è ancora oggi visibile davanti al tempio fatto erigere da padre Mauri nel 1929.​

Come si può infatti vedere dalla pianta, davanti alla villa padronale, vennero costruite due case coloniche a barchessa, tipiche delle ville palladiane, dedicate alle attività agricole.​

Altra caratteristica delle ville genovesi dell’epoca e che si ritrova qui, sicuramente in forme più modeste, è il contrasto fra la severa architettura esterna e la ricchezza pittorica di stampo illusionistico dell’interno. Secondo la moda dell’epoca, infatti, i soffitti e le pareti venivano suddivisi in quadrature architettoniche nelle quali venivano rappresentate grottesche, figure allegoriche e vedute paesaggistiche spesso rappresentanti luoghi vicini alla villa stessa.

Tracce di ciò si trovano negli affreschi seicenteschi del “salotto dell’Aurora” e della “stanza dei Paesaggi” mentre gli affreschi del piano nobile sono d’epoca più recente.

 

 

 

 

 

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